giovedì 21 aprile 2016

Otello


In ritardo (come sempre) il terzo capitolo della #MaratonaShakespeariana.
Amleto, secondo capitolo della maratona, l'ho letto ed adorato e spero di riuscire a scrivere qualche parolina anche su di lui il più presto possibile.

Oggi ho voglia di esporvi qualche pensiero random sulla lettura di Otello che, come tutti i personaggi di Shakespeare, è estremamente umano in tutte le sue debolezze.




Otello è una tragedia di Shakespeare scritta intorno al 1603 e potremmo sottotitolarla con Gelosia canaglia. Non è un caso se la sindrome psicotica che prevede la morbosa ed ossessiva convinzione che il proprio partner sia infedele, spesso accompagnata da comportamenti violenti, venga chiamata "Sindrome di Otello".

Otello è un personaggio con tratti particolari, opposti ai classici canoni dell'eroe: è nero, vecchio, non più quello che si considera "un avvenente uomo" e dalla storia travagliata e combattuta. Desdemona, una meravigliosa fanciulla proveniente da un'aristocratica famiglia, si innamora di lui attraverso i suoi racconti e, in gran segreto, si sposano. Il loro amore è tuttavia minacciato da Iago, alfiere di Otello. Egli è un personaggio a mio avviso straordinario: ha un'ironia sprezzante, una dialettica tagliente, è diabolico nella progettazione del suo piano di vendetta e detiene il seme del male: sarà proprio lui a far germogliare nell'animo di Otello la morbosa gelosia che caratterizzerà poi le vicende degli ultimi tre atti della tragedia.
Iago: "Guardatevi dalla gelosia, mio signore! È un mostro dagli occhi verdi che si diletta Col cibo di cui si nutre." - Atto III, Scena III
Iago è dunque considerato il cattivo per antonomasia, tuttavia ritengo che analizzando la tragedia su un altro piano di lettura, sebbene la crudeltà di Iago sia esplicita, la feroce gelosia di Otello non sia giustificata né dalle azioni della povera Desdemona né dalle parole dello stesso Iago: Otello ha infatti insita nella sua natura un'insicurezza ed una fragilità che gli impediscono di opporsi alle allusioni del suo alfiere. I dubbi che Iago cerca di insinuare nella sua mente sono già presenti, il terreno su cui Iago semina è un terreno fertile.

Curioso è anche il modo con cui Desdemona accetta ed affronta la morte, come se si stesse preparando ad una notte d'amore, totalmente coinvolta dalla personalità di per sé violenta e cupa del marito, la medesima personalità che l'aveva fatta innamorare. L'associazione con le vicende di femminicidio che riempiono ad oggi le pagine di cronaca è immediata.
Questa tragedia offre spunti di riflessione su diversi argomenti: sull'accettazione dell'altro come "altro da me" e dunque indipendente dal mio solo volere, totalmente assente nei casi di violenza di genere; sull'origine e sullo sviluppo della gelosia e della vendetta (spesso strettamente correlate), sul "dove è davvero insito il male?" Nella calunnia Iago? Nella debolezza di Otello? Nella passiva accettazione di Desdemona?
Otello: Io ti ho baciato prima di ucciderti; ora che mi sono dato la morte  non posso che morire, in un tuo bacio. - Atto V, Scena II.
Onestamente la Tragedia di Otello mi è piaciuta da morire (giusto per restare in tema): il ritmo incalzante ed il repentino susseguisi di eventi facilitano la lettura, la caratterizzazione dei personaggi è notevole, la trama è quella tipica della tragedia Shakespeariana e no, non può non piacere. 
Iago: "Virtù un cavolo! Sta solo in noi essere così o cos'altro. Il nostro corpo è un orto e l'ortolano è il nostro volere. Sia che vogliamo piantare ortiche o seminare lattughe; metter l'issopo o sradicare il timo; coltivarlo a una sola o a infinite specie d'erbaggi; lasciarlo andare a scento per pigrizia o concimarlo e farlo fruttare a dovere: la potestà e il magistero di tutto questo sta nel nostro arbitrio." - Atto I, Scena III