lunedì 26 novembre 2012

Caduto fuori dal tempo


Questo non è un libro che tratta del dolore ma è il dolore fatto a libro.

Chiunque abbia letto diverse opere di David Grossman potrà confermare l'esistenza di una linea di demarcazione che caratterizza i suoi romanzi: ciò che è stato scritto prima della morte del figlio Uri e ciò che è stato scritto dopo. Tutto ciò che segue quel famigerato Agosto del 2006 è il prodotto di un uomo con il cuore dilaniato e sanguinante.


Grossman ha deciso di scrivere "Caduto fuori dal tempo" per tentare di non essere più vittima della morte, affrontandola attraverso il movimento, l'azione, l'arte. Con quest'ultimo suo romanzo egli ha dato vita al suo dolore per la perdita del figlio Uri rendendolo poesia. 


Il libro in questione incomincia con un padre che, improvvisamente, si alza dalla tavola e decide di andare Laggiù, il luogo di contatto tra il mondo dei vivi e quello dei morti, per rivedere il suo figlio deceduto. Non sa precisamente dove si trovi questo posto ma decide di partire facendosi condurre, passo dopo passo, dalle sue gambe. Sceglie così di lasciare la scettica moglie ed iniziare il suo lungo cammino attorno alla città. Con il tempo iniziarono a seguirlo diversi personaggi che condividono con lui lo stesso dolore: il Duca signore di quelle terre, una riparatrice di reti da pesca, una levatrice, un ciabattino, un anziano insegnante che risolve problemi di matematica sui muri delle case è l'uomo a cui è stato affidato l'incarico di scrivere le cronache cittadine. Insieme a loro, idealmente (poiché costretto in una stanza a causa della sua struttura fisica), c'è anche il Centauro: mezzo uomo mezzo scrivania.


Ciò che balza immediatamente all'occhio è la tipologia di stile scelta da Grossman nella stesura del romanzo: le vicende narrate sono quasi tutte in poesia. L'autore ha infatti dichiarato che il mettere in versi la narrazione non è stata una scelta definita a priori ma la modalità con cui le parole gli si sono rivelate e si sono fatte scrivere. L'esperienza personale di David Grossman è quindi il fulcro dell'intero libro, la si sente e la si percepisce in ogni pagina. Il dolore ed il senso di impotenza che egli prova dinnanzi alla morte di suo figlio è palpabile e, di rimando, ferisce anche il lettore.


Grossman con "Caduto fuori dal tempo" si è rivelato uno Scrittore con la S maiuscola, innovativo e sincero, si è messo a nudo dinnanzi al dolore e dinnanzi alla volontà di superarlo attraverso l'arte della scrittura. Ha rivelato ai suoi lettori la parte più vera e più profonda della sua anima e sicuramente ha dato un'ancora, una carezza, un sostegno a tutti coloro che, come lui, condividono la straziate assenza della creatura a cui avevano dato vita. Tuttavia, quando si tenta di dare voce e concretezza ad un'emozione la si riduce sempre, a prescindere dall'abilità dell'autore ed a prescindere dallo stile che si decide di utilizzare: concretizzare, rendere reale e tangibile qualcosa di intrinsecamente astratto porta a ridurre l'oggetto in questione. Non esistono al mondo vocaboli e abilità abbastanza raffinate per poter porre sul piano della concretezza qualcosa che non vi appartiene. E' impossibile, è troppo e nemmeno uno scrittore come Grossman può riuscire in questo intento ma questo, lui, già lo sapeva:


È solo che il cuore 

mi si spezza, 
tesoro mio, 
al pensiero 
che io... 
abbia potuto... 
trovare 
per tutto questo 
parole

3 Stelline, perchè per quanto abbia apprezzato il gesto, il significato che Grossman mostra e trasmette in questo libro, il dolore, come tutte le emozioni, non può acquisire una forma.



Ne parlo anche qui:



Casa editrice Mondadori
Copertina rigida
Pagine 183



sabato 17 novembre 2012

Memorie del sottosuolo




"Memorie del sottosuolo" è un romanzo breve che Dostoevskij scrisse nel 1864 e che viene considerato un "concentrato di Dostoevskij", in quanto contiene tutte le sue tematiche principali: il fallimento, il rapporto che l'uomo ha con sé stesso e con il resto dell'umanità, la redenzione, l'amor proprio.
Nella prima parte, intitolata "Il sottosuolo" (termine che precede quello che successivamente Freud chiamerà inconscio)Dostoevskij ci presenta il protagonista dell'intero romanzo che, attraverso un monologo, espone il suo ruolo all'interno della società. Egli è un impiegato inconcludente, solitario, non in grado di relazionarsi in modo proficuo con gli altri individui che reputa fondamentalmente stupidi, superficiali, indifferenti alla ricerca della causa prima dell'agire umano. Si autodefinisce un anti-eroe, un uomo malato, un uomo maligno, che non ha "saputo nemmeno diventare un insetto". E' un uomo sofferente ma consapevole della sua sofferenza. In questa prima parte del romanzo egli ci propone una forte critica al Positivismo ed alla ragione umana, sostenendo che l'uomo, in realtà, è governato da una forza che va oltre la ragione, il buon senso, l'utilità e che lo porta a comportarsi in modo subdolo e maligno. Contrappone dunque la volontà e la natura umana alla ragione ed alla razionalità.
La seconda parte del romanzo, intitolata "A proposito delle neve bagnata" presenta svariati aneddoti della vita quotidiana del protagonista che sottolineano, attraverso esperienze quotidiane, ciò che ci viene descritto nel Sottosuolo. E' in questa parte del romanzo che entra in scena Liza, unica figura femminile del romanzo.
Dostoevskij in "Memorie del sottosuolo" mostra tutta la sua genialità e la sua capacità di andare oltre la superficie degli eventi.
Consigliatissimo.
Quattro stelline
Edito Einaudi
Prezzo di copertina: 8,50 Euro
Pagine: 132

Link della mia libreria aNobii: http://www.anobii.com/0120fadec666e694e2/books

sabato 10 novembre 2012

giovedì 8 novembre 2012

Le notti bianche


 Sessanta pagine di una dolcezza infinita e straziante.
"Le notti bianche" è un romanzo breve, ambientato nella Pietroburgo di metà Ottocento, che Dostoevskij scrisse durante la sua giovinezza, più precisamente nel 1948 (un anno prima di venire arrestato).
La trama si svolge in un arco temporale ben preciso e delineato: durante quattro notti il protagonista del racconto, un uomo solo che si definisce un sognatore e del quale non conosciamo il nome, incontra e conosce una donna, Nasten'ka, con la quale instaurerà un rapporto intenso. Tra i due giovani nasce fin da subito una forte complicità, si sentono compresi l'un l'altra e percepiscono i loro destini intrecciarsi. Notte dopo notte si conoscono e si apprezzano. Durante l'ultima di queste notti vi è il punto di svolta che caratterizza la vicenda e che dà origine all'ultimo capitolo del romanzo, intitolato "Il mattino", durante il quale il sognatore si ritrova a fare i conti con la realtà.
E' un romanzo di una dolcezza e di una bellezza disarmante, straziante e tremendamente intensa. Dostoevskij con "Le notti bianche" mi ha aperto in due, lasciandomi vulnerabile dinnanzi alle sue parole. Meraviglioso.
Quattro stelline e mezzo



giovedì 1 novembre 2012

Un giorno questo dolore ti sarà utile



La frustrante quotidianità di un adolescente (frustrato?)
Peter Cameron, attraverso uno stile fluido e scorrevole, tratta il tema dell'adolescenza in gran parte della sua complessità. Le vicende vengono narrate in prima persona dal protagonista James: ragazzo diciottenne intelligente, sveglio ma tremendamente asociale, al punto di sembrare a tratti un narcisista patologico, a tratti un disadattato sociale. Egli ci narra la sua quotidianità, i rapporti più o meno problematici con i genitori, la sorella, i coetanei, la nonna, la psichiatra. 
Personalmente ho fatto fatica a relazionarmi con questo personaggio poiché, di capitolo in capitolo, si susseguivano sentimenti di amore-odio, comprensione-disaccordo nei suoi confronti. Probabilmente in gran parte delle situazioni ritrovavo una parte di me adolescente che collideva con la parte di me attuale, che mi ha impedito di entrare totalmente in contatto con il personaggio cardine del libro. Se avessi letto "Un giorno questo dolore ti sarà utile" quattro, cinque anni fa, la mia opinione finale sarebbe molto diversa. Ne sono sicura. 
Nonostante ciò i pensieri, i dubbi, le insicurezze che ci vengono proposte da James rappresentano pienamente la criticità di un'età come quella adolescenziale, in cui tutto è messo in discussione ed il futuro, così lontano ma così pressante, crea ansie e difficoltà.


Tre stelline e mezzo

Ne parlo in modo più approfondito qui: 

domenica 28 ottobre 2012

#Pensieri: L'undicesimo comandamento

Secondo l’Antico Testamento Dio consegnò a Mosè, sul monte Sinai, il Decalogo: dieci comandamenti che un buon fedele avrebbe dovuto seguire durante tutto il corso della sua vita, in modo da essere degno di entrare nel Mondo dei Cieli.
Ma Dio, si sa, è un po’ un burlone e, nell’incidere sulla roccia le regole che avrebbero reso un uomo degno di tale nome, si è concentrato un po’ troppo su se stesso tralasciando punti essenziali. 
Mi sento dunque in dovere di aggiungere l’undicesimo comandamento: Sii coraggioso. Poiché ci vuole soprattutto coraggio in questa vita. Non comprensione, non supporto, non preghiere. Coraggio. Coraggio per andare avanti quando tutto attorno a te crolla, coraggio per credere in te stesso, coraggio per non lasciati sopraffare dalle esperienze negative, coraggio per amarti in modo incondizionato. Ci vuole coraggio per vivere e Dio se l’era dimenticato. Dio si era scordato che noi uomini siamo esseri fragili, deboli, limitati, capaci di toccare il fondo, di curarci le ferite con le nostre lacrime, senza tuttavia riuscire a riaffiorare in superficie. Dio si era dimenticato anche del fatto che noi uomini siamo per lo più soli e, nei momenti bui, possiamo contare solo sulle nostre forze. Ritengo dunque necessario l’undicesimo comandamento per ricordare prima di tutto noi stessi che non dobbiamo mollare, mai, e che solo noi abbiamo le redini della nostra vita. Dunque: siamo coraggiosi.

lunedì 22 ottobre 2012

1Q84 Libro 3 Ottobre - Dicembre




Avrebbero dovuto inserire come sottotitolo "La delusione dopo l'attesa"
400 pagine di NULLA. Murakami, che ci aveva lasciato in sospeso con 1Q84 II, delude qualsiasi aspettativa: ciò che sembrava un'avvincente storia in una realtà parallela, in cui i protagonisti si contrappongono ai Little People e tutto è messo in discussione si rivela essere una banalissima riconciliazione amorosa tra due persone che non si vedono da vent'anni. 
Inoltre lo stile prolisso e ridondante di Murakami questa volta non aiuta poiché, a conti fatti, sono più le pagine che descrivono minuziosamente vestiario, dieta e azioni quotidiane dei personaggi di quelle in cui vengono realmente narrate le vicende. 
Forse Murakami ha aperto un po' troppe finestrelle per andare poi a narrare una semplice storia d'amore.


Due stelline, non di più.


Per un parere più approfondito clicca sul mio faccino e goditi i miei deliri davanti alla fotocamera!


La mia libreria anobii: http://www.anobii.com/0120fadec666e694e2/books

sabato 20 ottobre 2012

Riflessione #1 BAMBINI INDACO. PARLIAMONE!


Dopo aver visto una video recensione sul “saggio” The Indigo Children di Lee Carroll e Jan Tober in cui venivano esaltati questi pseudo bambini indaco mi sono sentita in dovere di scrivere una mia modesta opinione poiché, studiando psicologia, determinate convinzioni e considerazioni mi hanno letteralmente fatto accapponare la pelle. Il rispetto nelle persone e nei pensieri altrui c’è sempre, ma quando si tratta della salute fisica e/o mentale del prossimo bisogna prestare molta attenzione.

Li definisco pseudo bambini poiché, scusate la franchezza, ma NON ESISTONO (non a caso Lee Carroll, autore de The Indigo Children, è un SENSITIVO, ESOTERISTA, convinto di poter dialogare con entità spirituali - Sintetizzando: ha la stessa credibilità di Wanna Marchi-). La comunità scientifica, non casualmente, non ha accettato l’esistenza di questi fantomatici bambini indaco, chiamati in tal modo poiché presentavano un’AURA di tale colore. The Indigo Children, scritto nel 1999 (siamo nel 2012, ci sono stati un po’ di sviluppi in campo medico) è composto solamente da testimonianze di genitori e parenti e non di veri ed accreditati studiosi in materia (Un “saggio”, perché di questo si tratta, degno di tale nome, insomma). Chissà perché. Forse perché per una famiglia è più semplice credere di non avere un figlio potenzialmente malato o affetto da un disturbo di apprendimento o di personalità o di sviluppo ma semplicemente “speciale”. E’ più facile e più accettabile coprirsi gli occhi e credere nell’esistenza di un’aura azzurrina che rende un bambino “particolare”. Peccato che tali convinzioni siano nocive poiché portano ad ignorare e, quindi, a non curare, disturbi nella fase dell’infanzia che, con gli anni, possono sfociare in problematiche molto più gravi. Peccato che tali convinzioni siano nocive poiché portano ad ignorare e, quindi, non curare, disturbi nella fase dell’infanzia che, con gli anni, possono sfociare in disturbi molto più gravi. 
Posso anche concordare sull’idea che il disturbo da deficit di attenzione-iperattività sia una sindrome pompata dalle lobby farmaceutiche americane al solo fine di incrementare i profitti della vendita di farmaci modulatori del comportamento. In effetti l’epidemiologia parla chiaro e, in certi stati, le diagnosi sfiorano il 20% della popolazione in fascia d’età, dato assolutamente incredibile da ogni punto di vista, clinico o profano che esso sia. Fatta questa premessa, l’iperattività patologica nel bambino esiste, anche se in casistiche di molto minori a quello che vogliono farci credere e deve essere curata con approccio multidimensionale (medico-psicologico in questo caso), in modo tale da assicurare al paziente una coerente riabilitazione comportamentale ed un ingresso non patologico nelle successive fasi dell’età. Parlare di bambini indaco e fare i buonisti sostenendo la “specialità” di pazienti che in realtà stanno o staranno male davvero non fa altro che creare un vuoto in cui la malattia stessa cessa di essere presa in considerazione, creando l’assenza di cura e conseguentemente l’abbandono dei soggetti. In sintesi,  i deficit di attenzione-iperattività ESISTONO anche se le statistiche cliniche in molti paesi SONO POMPATE al fine di mettere in commercio dosi maggiori di farmaci di nicchia il cui sviluppo è costato milioni di dollari (cosa obbrobriosa certamente), e quindi, una volta accertata la diagnosi attraverso gli appositi strumenti il bambino DEVE ESSERE CURATO perché NON E’ SPECIALE ma MALATO. 

martedì 16 ottobre 2012

Invisible Monsters



Perfetta satira in stile Palahniuk sulla società odierna, fondata prevalentemente su valori effimeri quali la bellezza esteriore, l'apparire ed il mostrarsi. L'unico motivo per cui vale la pena vivere è l'essere sotto i riflettori, l'avere qualcosa di diverso dalla massa, poco importa di cosa si tratti. I temi principali che vengono trattati nel romanzo sono dunque la bellezza, il mondo della moda, l'omosessualità e l'abuso di farmaci.
Lo stile narrativo è particolarmente dinamico anche grazie all'utilizzo della parola "Flash", con la quale la protagonista (una giovane e bellissima fotomodella), si descrive e si vede descritta dalla società.
"Dammi magia, piccola.
Flash.
Dammi stupore.
Flash."
Palahniuk non delude e, come al solito, insegna e fa riflettere.
Link della mia libreria aNobii: http://www.anobii.com/0120fadec666e694e2/books

venerdì 12 ottobre 2012

Fight Club




Crudele, spietato ed incredibilmente vero

Fight Club è stato il mio primo approccio con Palahniuk e, onestamente, ci ho messo un po’ di tempo per entrare nel libro e nello stile dell’autore. Chuck Palahniuk, infatti, ha uno stile particolare, pressoché unico: attraverso l’abuso di punti fermi, le ripetizioni ridondanti che diventano slogan e le espressioni forti, trasmette al lettore la cruda realtà che vuole descrivere. Fight Clubè un libro di denuncia nei confronti della società attuale la quale, mediante materialismo, classismo e consumismo, aliena l’uomo evidenziando la sua inutilità dinnanzi al mondo. I personaggi sono portati all’eccesso ergo, non sono propriamente reali. Il protagonista di Fight Club, nonché voce narrante dell’intero romanzo, è anonimo. Apparentemente ha una vita serena e tranquilla, in realtà è fortemente turbato, convive con l’insonnia e trova appagamento solo frequentando sedute di sostegno per malati terminali, durante le quali incontrerà Maria, LA donna dell’intero libro. Il turning point si ha con l’incontro con Tyler Durden: anarchico, nichilista, il cui unico obiettivo è ribellarsi alle convenzioni che la società odierna impone. Insieme fondano il Fight Club in uno scantinato di un bar, all’interno del quale la gente potrà combattere fino allo sfinimento. Punto cardine del Fight Club è che non si combatte contro l’altro ma contro tutto ciò che circonda i personaggi, opprimendoli e legandoli a dogmi che non li rappresentano. E’ un libro crudo, spietato, che in certi punti procura una sorta di male fisico al lettore (più volte ho dovuto interrompere la lettura per qualche secondo a causa di un peso a livello dello sterno e di un leggero formicolio lungo tutto il corpo). Nonostante questo (o, forse, proprio per questo), lo ritengo uno dei migliori libri letti fino ad ora.

Video Recensione di 1Q84 Libro 1 e 2


1Q84 Libro 1 e 2
Haruki Murakami


lunedì 1 ottobre 2012

Anima mia che metti le ali



Anima mia che metti le alie sei un bruco possenteti fa meno male l'oblioche questo cercio di velo.E se diventi farfallanessuno pensa più a ciò che è statoquando strisciavi per terrae non volevi le ali.Alda Merini

mercoledì 26 settembre 2012

Poesie dorsali


Poesie dorsali
Mettere dei libri uno sopra l’altro in modo che i titoli si concatenino fino a formare dei versi.

Finché le stelle saranno in cielo



Un libro sull'importanza di amare



"Finché le stelle saranno in cielo" è un romanzo all'interno del quale argomenti come amore, famiglia e storia si intrecciano in un unico vortice di vicende ed emozioni che non può lasciare indifferente il lettore.
Rose, malata di Alzheimer, nasconde da ormai settant'anni un passato doloroso e complesso, segnato dalle violenze dei tedeschi nazisti durante la seconda guerra mondiale, a Parigi. Rendendosi conto che la memoria, ad oggi, le lascia ben pochi attimi di lucidità chiede all'amata nipote Hope di scoprire cosa ne è stato della sua famiglia. Inizia così un viaggio che, attraverso il passato, dà un senso al presente ed al futuro.
Nonostante la trama intricata ed i vari colpi di scena la Harmel è stata brava a non perdere mai il filo rosso del discorso, districando di volta in volta i nodi che si creavano all'interno della trama rendendo il racconto scorrevole e lineare.
Del romanzo, invece, non ho apprezzato la parte "sentimentale" che ho trovato scontata e talvolta inverosimile (ma un po' me lo aspettavo, visto il genere di romanzo). Inoltre non mi è piaciuta la scelta di ambientare la parte relativa al passato durante lo sterminio ebraico. E' un tema che mi sta molto a cuore ma ultimamente lo trovo e ritrovo in diverse salse (mi ha ricordato molto, giusto per fare un esempio, "Il profumo delle foglie di limone" di Clara Sanchèz sempre edito Garzanti). Temo che continuando a romanzare un fatto storico così delicato e realmente difficile da affrontare, soprattutto con i più giovani, si perda l'importanza antropologica e storica in esso contenuta.
Nel complesso è un libro delicato e commovente. Fa riflettere sulle piccole cose: dalle difficoltà che possono essere presenti nella vita di ognuno all'intensità dell'amore vero, che resta, non si spegne, andando oltre il tempo e lo spazio.
3 stelline

The surrender"




Questo libro va anzitutto contestualizzato. E’ ovviamente un memoir erotico (che mi è stato consigliato da un amico dopo la spiacevole lettura della trilogia “50 sfumature” per farmi notare la differenza tra i due) dunque è palese che il lessico e la trama non abbiano l’eleganza dei testi della Austen, ma ci sta. Lo scrivo perchè, tra le varie recensioni, ho notato critiche su questi punti: se il lessico “colorito” vi urta, non leggete un romanzo erotico.
“The surrender” è un libro audace e coraggioso, che parla di sesso ma non solo, tratta anche di molto altro: di sottomissione, di spiritualità, di ricerca di sè stessi, di umiliazione, di dolore, di amore. E’ un libro ben scritto e ricco di spunti sui quali si può riflettere se si riesce a superare la facciata del “è solo un libro che parla di sesso, niente di più niente di meno”.
3 stelline

Il quaderno di Maya



In sè la trama de "Il quaderno di Maya" è bella e coinvolgente ma dal mio punto di vista la narrazione è troppo lenta e frammentata, soprattutto nella parte iniziale. Inoltre in certi momenti si nota che lo stile e l'ambientazione moderna non è nelle corde della Allende, autrice che solitamente trovo deliziosa. Nulla a che vedere con "La casa degli spiriti", per esempio.
Peccato.

Due stelline
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La mia anima è ovunque tu sia


Della serie "Suo figlio è intelligente ma non si applica."Le idee e gli spunti per far sì che "La mia anima è ovunque tu sia" fosse un bel romanzo c'erano tutti, peccato che Cazzullo abbia deciso di non usarli e di lasciarli lì, appena accennati. Un romanzo degno di tale nome, che vuole trattare di "Un delitto. Un tesoro. Una guerra. Un amore.", non può essere composto solo da 126 pagine, 45 capitoli di tre pagine l'uno che continuano ininterrottamente a passare da un arco temporale all'altro: vengono trattati infatti gli anni del 1945, 1963 e del 2011 ma in modo confuso e rapido. Non mi stupisce, a questo punto, che l'annata centrale si sia rivelata poco utile e pertinente ai fini narrativi della vicenda. A mio parere, se la narrazione fosse stata più omogenea dal punto di vista temporale e con una trama più minuziosa ed articolata, il risultato finale sarebbe stato sicuramente migliore. 
L'unica pagina degna di nota è la n°86, contenente dolcissime parole d'amore che non ho potuto non trascrivere: Anche quando saremo lontani, vorrei che il mio amore fosse sempre con te, come un pensiero allegro in fondo alle giornate tristi, o un amico che ti fa compagnia quando sei sola. Spero che il mio amore si renda utile, come lo scialle che indossi quando hai freddo e posi quando voli via, libera e leggera. Attenta però a non dimenticarlo, a non lasciarlo chissà dove. Maneggialo con cura, il mio amore, quando lo porti in giro: bada a non urtare gli spigoli, proteggilo dalle chiacchiere indiscrete. Ricordati che il mio pensiero ti segue sempre, il mio cuore ti appartiene, e la mia anima è ovunque tu sia.

Deludente, insomma.

Due stelline


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Fai bei sogni



"Fai bei sogni" è un libro ricco di semplicità e di una dolcezza disarmante che, una volta giunti alle ultime pagine, non può lasciare indifferenti. Gramellini sfodera tutta la sua competenza ma, ancor più, tutto il suo coraggio nell'affrontare la stesura di questo romanzo autobiografico che narra dell'ineguagliabile dolore quale la perdita della propria madre durante i primi anni di vita.
Non nego che durante le pagine 174, 175 e 176 ho avuto gli occhi lucidi.
Consiglio a tutti di leggerlo, soprattutto a coloro che non riescono a superare una perdita e, in particolare, consiglio di leggerlo tutto d'un fiato perchè è breve, scorrevole e, a mio parere, se letto in modo frammentato rischia di perdere tutta la sua magia.
4 stelline e mezzo